Scansafatiche e Fannulloni

Scansafatiche e Fannulloni

Nel 1787 il poeta tedesco Goethe, durante il suo celebre viaggio in Italia, si imbatté in una curiosa diceria: a Napoli, pare, c’erano qualcosa come trenta o quarantamila fannulloni. Sì, avete capito bene, un’intera città di sfaticati professionisti. La voce, ovviamente, era alimentata dai settentrionali, ma Goethe, uomo di spirito e d’intelletto, non si lasciò abbindolare tanto facilmente. «Sospettai – scrisse lui – che definire fannullone chiunque non si ammazzasse di fatica da mattina a sera fosse un criterio tipicamente nordico». Tradotto: se non lavori fino a svenire, sei un pigro. Chapeau, amici del Nord.

Non contento, il buon Goethe decise di vederci chiaro. Chiese agli amici napoletani dove fossero nascosti tutti questi scansafatiche, perché, testuali parole, desiderava conoscerli. Immaginate la scena: Goethe che gira con taccuino e penna alla ricerca del famigerato esercito di sfaccendati e nullafacenti. Ma niente, nessuno sapeva indirizzarlo. A quel punto, mosso da un misto di curiosità e ostinazione, decise di partire in missione solitaria.

E cosa scoprì? Una città piena di bambini che lavoravano sodo, portando merci, vendendo cibo, raccogliendo l’immondizia. E gli adulti? Tra facchini che aspettavano clienti e pescatori che prendevano il sole (perché, oh, il vento non collaborava), di autentici fannulloni neanche l’ombra. Persino i mendicanti erano pochi e, per lo più, anziani o inabili al lavoro. Insomma, Goethe concluse che Napoli non era il paradiso degli sfaticati, bensì una città di gente che lavorava tanto quanto sapeva divertirsi.

E allora perché tutto questo pregiudizio da parte del Nord? Secondo Goethe, la colpa era del clima. Sì, perché mentre al Nord bisognava sgobbare per accumulare scorte e sopravvivere agli inverni glaciali, al Sud, complice il sole e il buon umore, si poteva lavorare un po’ meno e godersi la vita. In pratica, i napoletani avevano capito tutto prima degli altri. E il nostro poeta non poté che ammirare quel loro modo di affrontare le cose, sempre con leggerezza e uno spirito brillante. Una lezione che, pare, non tutti al Nord avevano ancora imparato. Roberto Bonaventura

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